I Racconti di Tara raccolgono le memorie della giovane Tara, sciamana del popolo Sar’d (antico nome dei sardi). In epoca presumibilmente pre-nuragica, Tara fu tra le prime abitanti di quella terra a partecipare all’incontro tra i Sar’d e gli Stellari, in particolare i fratelli e sorelle di Sir (antico nome di Sirio) e di Haar (antico nome di Arturo).
L’incontro con il compagno stellare Orios, la porta a comprendere il suo compito, nella consapevolezza di poter aiutare i propri simili con le sue capacità di guarigione e non solo.
Il nome Tara significa Stella.
Ogni sera fuori dalla capanna accendeva il fuoco. Per tenere lontani gli animali durante la notte e per avere un’idea di compagnia in quella radura deserta a cui si era ormai abituata.
Quando non c’era la luna, il posto era molto scuro e solo le stelle illuminavano debolmente gli spazi aperti. Il silenzio era assoluto, se non per qualche verso di rapaci e fruscii tra gli alberi.
Da qualche notte, le era sembrato di vedere degli occhi, dietro i cespugli, proprio vicino all’albero principale posto di fronte alla sua capanna come un guardiano. Ma non erano i soliti occhi di animali che già conosceva. Sembrava un essere diverso. E quando una notte era uscito dall’oscurità, le aveva fatto fare un balzo quasi fino alla soglia della capanna.
Allora si era rannicchiata dietro il fuoco, come chiedendo protezione alle fiamme. Aveva afferrato un piccolo tronco, muovendolo verso di lui, per non farlo avvicinare. Lo faceva sempre sua nonna con gli animali selvatici, accompagnando il gesto ad un sibilo simile a soffio. Si ripeté questa scena per qualche sera, ma l’essere non faceva che avvicinarsi ancora. Man mano le fu chiaro che non si trattava di un animale. Finché lo vide meglio. Era giovane forse come lei, la pelle liscia e ambrata, sembrava alto, anche se ancora non l’aveva visto in piedi, i capelli lunghi sulle spalle, lo sguardo dritto che non si spostava da lei.
Erano occhi che non aveva mai visto prima, non tra quelli del suo villaggio e nemmeno dei villaggi vicini. La forma era leggermente allungata, il colore non poteva definirlo, fino a quel momento aveva conosciuto solamente occhi scuri come i suoi. Notò che aveva una specie di benda di stoffa legata sulla fronte, una sorta di abito di pelli che lo copriva e al fianco un pugnale.
Lei indossava soltanto l’abito bianco del giorno in cui era andata via dal villaggio, era ormai sgualcito e logoro in diversi punti. Ma non ci aveva mai badato, pensava che nessuno l’avrebbe mai trovata lì.
La settima notte si guardarono a lungo. Abbassavano solo ogni tanto lo sguardo sul fuoco che li divideva. Anche se le loro bocche erano mute, si parlavano in qualche modo con la mente e l’uno sentiva i pensieri dell’altra.
La paura iniziale di Tara era diventata curiosità; si chiedeva chi fosse e cosa volesse da lei. Gli aveva lanciato del cibo, per mostrarsi gentile, ma lui l’aveva a malapena guardato. Allora aveva afferrato un tronco accendendolo come una torcia, ma stavolta non l’aveva usato per farlo allontanare. L’aveva tenuto in mano per farsi luce fino alla capanna. Si era fermata sulla soglia, volgendosi verso di lui, poi era entrata. Aveva intravisto la sua ombra sollevarsi da terra, poi aveva sentito i suoi passi avvicinarsi.
Era entrato e si era guardato intorno, toccando con una mano le pareti della capanna e le pietre. Tara aveva poggiato la torcia in un sostegno tra due pietre, ed era andata quasi a nascondersi vicino al suo giaciglio di pelli, in attesa di una sua mossa. E così l’aveva lasciato avvicinare. La prima cosa che toccò di lei furono i lunghi capelli scuri, che le spostò dietro le spalle. Quando la baciò sulla fronte, sentì che finalmente qualcuno era arrivato a darle conforto.
Con delicatezza, quasi la potesse rompere, le tolse il vestito, e qualche tempo trascorse prima che si muovessero ancora, quasi cercando di capire come i loro corpi potessero comunicare. Poi si sdraiarono entrambi sul giaciglio dove lei andava a dormire. Girati sul fianco, uno di fronte all’altra, così da vedersi negli occhi e con le mani esplorare la loro bellezza.
E quando la piccola torcia si spense, nel buio lei vide i suoi occhi farsi luminosi e di un altro colore, e una sorta di luce blu sulla sua pelle, come un rapido bagliore. E così era sparito dal giaciglio, lasciando al suo posto quella scia di luce per qualche minuto.
***
(Testo di Francesca Enrew Erriu)
(Immagine: Maiden with a laurel, Henry Ryland)
L’ha ribloggato su Il libro dei Saar.
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