La seconda intervista della rubrica “Autori del futuro” vede protagonista Stefano Cirri, autore di quattro romanzi gialli, di cui ho letto “Il profanatore” e “95 decimi”, il suo ultimo romanzo (Ctl edizioni).
Si tratta di uno spazio dedicato ad autori e autrici emergenti che ho avuto il piacere di leggere e apprezzare nell’ultimo anno. Si chiama “Autori del Futuro” perché vuole credere in questi validi autori e dare speranza a chi ha scelto di esprimersi attraverso la magica via della Scrittura. Stefano Cirri è toscano, vive a Firenze, e trovo i suoi romanzi caratterizzati anche da questa “toscanità” nei luoghi, nel linguaggio e nei personaggi. La sua scrittura è ironica e leggera da una parte, dall’altra non vuole mezze misure, non lascia niente di non detto, sfonda porte e fa entrare anche il lettore mentre legge. Le sue storie sono ben costruite, mai scontate (il che è una gran cosa).
Stefano Cirri
Intervista
Ben trovato Stefano e grazie per aver accettato l’invito nel blog “Dalla Stella alla Terra”. Ecco la prima domanda per te: mi ha molto colpito in particolare l’ambientazione che crei nei tuoi romanzi, come se i luoghi fossero a loro volta dei personaggi. E dimostri di documentarti molto prima di scrivere, dando l’impressione di scavare nei fatti di cronaca nera. Quindi mi piacerebbe sapere, qual è stata l’ispirazione per “95 Decimi”, e in generale quali fonti ti ispirano maggiormente per scrivere?Ciao Francesca, ti saluto e ti ringrazio infinitamente per questa opportunità! Credo che l’ambientazione risulti molto vera, a tratti ‘viva’ – come dici tu – perché è un ambiente che conosco molto bene. In modo particolare ’95 decimi’ ho scelto di ambientarlo in una zona che sta un po’ al confine tra Toscana ed Emilia-Romagna, siamo in un territorio atipico, dove la parlata ha già la cadenza romagnola ma i prefissi telefonici sono quelli di Firenze. Un territorio immerso nei castagni, o per meglio dire nelle marronete, che sono un vero gioiello della zona. Un territorio che – ahimè – ha risentito non poco della catastrofe idrogeologica degli ultimi giorni. A me piaceva l’idea di raccontare una storia come quella di ’95 decimi’ – storia anche introspettiva, forte, molto intimista – creando un contorno che assomigliasse a un esilio. Ho voluto che il protagonista, Marco, si trovasse in un luogo un po’ lontano dalla civiltà, un po’ isolato, un po’ da eremita ma non troppo. Gli serviva, a Marco, un posto del genere. E ti confesso che se di solito scelgo Firenze (e dintorni) per ambientare i miei romanzi, qui ho voluto estraniarmi appena un po’ di più. Senza dimenticare che in quei luoghi ci vado spesso, nel fine settimana. E li conosco molto bene.
I tuoi romanzi si possono definire gialli sui generis con tinte noir. Questo perché i protagonisti spesso avviano delle indagini fai da te, e manca la figura di un investigatore vero e proprio. C’è un motivo per questa scelta? Tu invece come lettore ami i gialli classici e sei stato ispirato da qualche detective in particolare? Credo che la risposta parta da lontano. Ti confesso che ho iniziato ad amare il genere ‘giallo’ attraverso la regina, Agatha Christie, che leggevo fin da quando ero diciottenne. Mi ha folgorato il metodo deduttivo di Hercule Poirot con l’aggiunta di un’analisi velata (ma non troppo) dei comportamenti umani. Quella continua ricerca di un movente apparentemente invisibile, che si trova scavando a fondo nell’animo dell’uomo e – allo stesso tempo – analizzando un pezzetto di carta bruciacchiata nel camino. E poi ho amato quel ‘gioco’ che ha sempre fatto la Christie col lettore. Poi sono passato a Montalbano, che mi ha insegnato a vedere il giallo in una chiave più moderna. Anche molto attuale, direi. E infine, nel gennaio 2018, quando ho iniziato a sentire il bisogno di scrivere, mi sono fatto una domanda banale: dal momento la narrativa ha prodotto tantissimi investigatori/commissari/detective, perché non scrivere un giallo SENZA questa figura di riferimento? Diciamo che ho fatto questa scelta per cercare di presentare un prodotto differente. E adesso, con 4 romanzi ‘atipici’, mi è subentrata la voglia e il desiderio di confrontarmi con un investigatore/commissario più ‘classico’, e più canonico. Pensa te come vanno a volte le cose nella vita!
Scrivendo l’ultimo romanzo avevi intenzione di rivolgerti a un pubblico in particolare? Per esempio affrontando temi come la ludopatia, la depressione e il fallimento, il tentativo di dare un senso alla propria vita, pensi di aver scosso qualche coscienza?
So con certezza di aver smosso qualche coscienza, in base a quanto mi hanno riferito le persone che hanno letto ’95 decimi’. Non ho mai avuto l’ambizione di smuovere coscienze ma ho avuto l’ardire di raccontare una storia intima (e personale) mostrando al pubblico un aspetto che spesso viene trascurato. Il cosiddetto ‘ex’ giocatore compulsivo è infinitamente diverso dal giocatore nel pieno della sua ludopatia. L’ex ha una grande fragilità e una enorme difficoltà ad ambientarsi in quello che è il suo nuovo mondo. Il cosiddetto ex si sente un superuomo, si sente una persona invincibile ma sente anche un bisogno estremo di essere gratificato. E di essere premiato, come se fosse l’unico al mondo ad aver superato una dipendenza. Come se tante cose gli fossero dovute. Ecco, è su questo aspetto che mi è piaciuto soffermarmi. Ed è da qui che Marco, il protagonista, parte alla ricerca di una verità scomoda. Anzi, di DUE verità: una è quella su se stesso, una è quella sul suicidio di un dirigente d’azienda, col quale Marco crea una specie di simbiosi.
Dalla tua biografia si evince che ti occupi di consulenza del lavoro. Quanto hanno influito la tua professione e i tuoi studi sulla passione per la scrittura; le vivi come due sfere totalmente distinte oppure no?
Guarda, risposta facile e secca: nessuna influenza, sono due sfere completamente distanti! Ma non ti nego che mi piacerebbe raccontare una storia che – per esempio – parli di mobbing, ossia di quel sottile ma forte pressing psicologico che tanti (troppi) subiscono sul lavoro. Un pressing che spesso ha mille maschere e che purtroppo non è neppure così semplice da vedere. Né – per un giudice – da giudicare.
Hai all’attivo diversi romanzi con diverse case editrici. Sei soddisfatto (in generale) di queste collaborazioni e avresti dei consigli in merito per gli autori “alle prime armi”?
Guarda, sono soddisfatto di tutte le collaborazioni che ho intrattenuto. In primis perché mi hanno insegnato tanto su come ci si debba muovere nel mondo della pubblicazione, della narrativa e dell’editoria. Sono grato a tutte le ‘figure’ con cui ho lavorato, ho conosciuto la mia attuale squadra lavorativa (editor, correttore, grafico) di cui penso di non poter far più a meno. Sto affrontando il passaggio al mondo del self e lo faccio consapevolmente, con ciò che ho imparato in questi anni dalle case editrici. Sono uno sperimentatore, mi piace cambiare aria e non amo legarmi per troppo tempo in tal senso. Ad un autore alle prime armi potrei dire tante cose ma ne scelgo una sola: apriti senza paura, non essere l’unico lettore di te stesso, fatti leggere da tante persone e stai pronto a carpire i giudizi che ti danno. Belli o brutti che siano. Ma non pubblicare MAI un lavoro incompleto. Fatti aiutare, prima di lanciarti nel mondo. Perché un lavoro malfatto è pericoloso. Il lettore se ne accorge.
Ho chiamato questa nuova rubrica “Autori del Futuro” come incoraggiamento per gli autori emergenti. Come ti vedi come autore nel tuo futuro?
Mi vedo come una piccola macchinetta da guerra, che scrive e pubblica finché la fantasia funziona e il cervello resta vivo. Non mi sono mai posto limiti in tal senso, sono un programmatore, detesto restare senza ‘storie’ da narrare e in questo momento penso di avere storie pronte (o quasi) fino a fine 2024. Diciamo che sono un po’ una via di mezzo tra il carpe diem e ‘la vita è breve’! Non mi pongo limiti temporali, se ho pubblicato quattro mesi fa non mi interessa aspettare dodici mesi, o diciotto, per pubblicare nuovamente. Se sono pronto, se mi ‘sento’ bene, allora esco con un nuovo libro. E parto con una nuova avventura. Il tutto finché il cervello resterà attivo. Spero per molto!
Il tuo spirito ironico mi spinge a porti un’ultima domanda quasi “marzulliana”: fatti una domanda (ma non dircela) e datti una risposta.
La risposta è questa: vorrei riuscire a pubblicare un romanzo che abbia un incipit come quello di IT, un protagonista come Hannibal Lecter e un finale come Profondo rosso di Dario Argento!
Care amiche e amici del blog “Dalla Stella alla Terra”, da oggi inauguro una nuova rubrica che spero sarà gradita: si tratta di uno spazio dedicato ad autori e autrici emergenti che ho avuto il piacere di leggere e apprezzare nell’ultimo anno. Si chiama “Autori del Futuro” perché vuole credere in questi validi autori e dare speranza a chi ha scelto di esprimersi attraverso la magica via della Scrittura.
La prima intervista della rubrica “Autori del futuro” vede protagonista ELISA AVERNA autrice di romanzi di vario genere, alla ricerca di tematiche originali e nuovi stili.
Il suo romanzo “La Donna Zero” è un viaggio distopico cyberpunk che con originalità – seppur richiamando capolavori di fantascienza – e ottima scrittura descrive ciò che potrebbe accadere alla Terra tra non molti anni.
Dalla quarta: Nel 2060, la pace governa il mondo costituito da stati federati. La concentrazione governativa è sui nuovi armamenti spaziali per colonizzare Marte. La comunicazione verbale è in disuso a favore dell’utilizzo del microchip per la lettura del pensiero. Le relazioni umane sono facilitate dai “bagni di luce”, grazie ai quali è possibile raggiungere i livelli mentali più profondi. Tutto nel vivere quotidiano è veloce, pratico e comodo. Eppure, la depressione dilaga.
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Elisa Averna
Intervista
Ben trovata Elisa e grazie per aver accettato l’invito nel blog “Dalla Stella alla Terra”! Ciao Francesca, grazie a te per avermi invitato e un saluto a chi ci sta leggendo.
1- Ecco la prima domanda per te: mi ha molto colpito tutta l’ambientazione che crei nel tuo romanzo “La donna zero”, con una vivida immaginazione ma anche dimostrando di esserti molto documentata. Quindi mi piacerebbe sapere, qual è stata l’ispirazione per questa storia, e in generale quali fonti ti ispirano maggiormente per scrivere?
Per l’ambientazione volevo qualcosa di spiazzante per un romanzo cyberpunk. Il Rojava attuale è ben diverso da quello descritto nel romanzo. In qualche modo desideravo riscattare una terra così provata e trasformarla in una terra d’avanguardia. Documentarsi è davvero il minimo prima di scrivere. Ho cercato di rendere la storia fruibile anche a chi non conosce o ama il genere, cercando di alleggerire i temi socio-filosofici (non sono certa di esserci riuscita) con una trama a tratti birichina. Quanto all’ispirazione, volevo una protagonista donna, un’ambientazione insolita e toccare temi scomodi e attuali. Questi erano i tre punti fermi. La storia poi si è scritta praticamente da sola… Me l’hanno dettata i personaggi. Un “fenomeno” molto frequente tra gli autori. Mentre la scrivevo, avevo il film in testa. In generale posso trarre ispirazione da qualsiasi cosa colpisca la mia attenzione. A volte, distesa sul letto, passo lunghi minuti a guardare il soffitto. Guai se mi si dice che non sto facendo niente (ma ormai non me lo dice più nessuno). In quel momento in realtà sono in piena “estasi creativa”. È come se il soffitto diventasse lo schermo di un cinema nel quale proiettare immagini, suoni e colori. Il soffitto si anima ed io osservo. Poi scrivo. Prendo anche ispirazione dai sogni, come accade a molti autori, ma anche dai dettagli che magari possono avere poco senso per altri, ma che per me sono la scintilla per montare un’ intera storia. Inutile negare che l’ispirazione è la vita stessa, nelle sue bellezze ma anche nei suoi orrori.
Le protagoniste del romanzo sono ex guerriere del Rojava. Come mai hai deciso di partire da una situazione socio-politica così precisa e di trattare nel tuo romanzo temi molto complessi e anche rischiosi, come la lotta femminista, il patriarcato, l’uguaglianza di genere? Pensi che possa essere utile a smuovere qualche coscienza? Esatto! Hai centrato in pieno la mia intenzione: provare a smuovere qualche coscienza, offrendo magari argomenti di dibattito. Nei miei romanzi, in generale, c’è sempre un duello dialettico tra due personaggi con visioni della vita opposte. Questo perché apprezzo il confronto anche nella vita vera. Nessuno, come sappiamo, è fatto totalmente di male e di bene e la ragione non propende mai in toto solo da una parte. E poiché tentare di “smuovere le coscienze” non significa tentare di “colonizzare i cervelli altrui” (trovo che i romanzi ideologizzati siano irritanti), cerco semmai di stimolare nel lettore riflessioni e senso critico. Pur trattando certi temi, sui quali io stessa ovviamente ho una mia posizione, m’impongo di essere “imparziale” nel dare spazio ai personaggi con visioni diverse. Così per esempio in “Chiodi di ghiaccio” ho contrapposto un personaggio antispecista a uno con una visione antropocentrica e condizionata dal suo credo religioso.
Scrivendo questo romanzo avevi intenzione di rivolgerti a un pubblico in particolare? Per esempio affrontando temi sull’identità sessuale e l’identità di genere, ti aspetti qualche reazione dalla comunità Lgbtq? In realtà ho cercato di “fotografare” la situazione attuale e mi sono limitata a proiettarla, “estremizzandola”, nel futuro, creando gli ASH come l’ultima frontiera dell’umanità, come esseri intersessuali sterili, con organi genitali che fondono in sé le caratteristiche di entrambi i sessi, quindi come esseri che non sono né totalmente uomini né totalmente donne. Il tema dell’’identità di genere era funzionale a quello della crisi identitaria e dell’incomunicabilità e della disgiunzione della conoscenza dalla vita che ha reso il mondo muto e “morto”.
Dalla tua biografia ho visto che sei laureata in Lettere e Filosofia, e questa tua formazione gioca a tuo favore. Quanto hai dedicato alla documentazione per sviluppare questa storia? Sia per la parte socio-politica sia per quella scientifica. La comprensione del contesto socio-politico è determinante per delineare una storia con un’ambientazione come quella che ho proposto io ne La Donna Zero. In realtà, essendo i temi trattati aderenti ai miei interessi, non mi sono resa conto di “documentarmi” come azione programmata per la stesura del libro. Nella mia quotidianità cerco sempre di informarmi su ciò che avviene nel mondo. La politica internazionale e interna mi interessa per i suoi risvolti sociali, così come le relazioni economiche tra gli stati mi interessano per il loro effetti collaterali nel mercato. Adoro lavorare di fantasia, ma la realtà è sempre la partenza.
Hai all’attivo diversi romanzi con diverse case editrici. Sei soddisfatta (in generale) di queste collaborazioni e avresti dei consigli in merito per gli autori “alle prime armi”? Cara Francesca, qui tocchiamo un tema complesso e delicato. Spero che sempre meno autori cadano nelle trappole delle false case editrici (quelle che chiedono contributi agli autori sotto qualsiasi forma). Nel mio piccolo continuerò sempre a sostenere la microeditoria non a pagamento. Ho pubblicato solo ed esclusivamente con editori No Eap, ma dire che sono soddisfatta di tutti allo stesso modo, questo no, mentirei. Ci sono editori a cui sono comunque riconoscente. Detto ciò, io non mi riconosco più nell’editoria italiana in generale (ha davvero troppe falle) e non credo che essa abbia più nulla da offrirmi come autrice (come lettrice sì, e continuerò a leggere gli autori emergenti). Noi autori siamo davvero l’ultima ruota del carro, quando dovremmo essere la prima (guadagnano tutti, meno noi). Pubblicherò in self publishing per ragioni di libertà ed economiche e con l’obiettivo di puntare al mercato estero. Già, proprio così: io, che mi ero autoeletta “paladina delle case editrici No Eap” e che fino a poco tempo fa sostenevo: “Mai e poi mi auto-pubblicherei.” Eccomi qui. Anch’io farò parte della schiera degli autori “delusi”. Per me è un fallimento personale. Ma davvero non riesco più a difendere l’indifendibile, a cominciare dalla famigerate “doppie binario”. È vero che c’è molto ciarpame autopubblicato, ma è anche vero che esistono libri ben strutturati e ben scritti. Ad ogni modo, la differenza la fa sempre l’autore e la sua storia (chiedo scusa per il pleonasmo!).
Nella descrizione delle ambientazioni, molto accurate, nel tuo romanzo, ho percepito richiami a capolavori della fantascienza come “Blade Runner”. Quali sono i tuoi autori e generi di riferimento? Mi riciclo in parte la risposta che diedi un po’ di tempo fa a una book blogger che mi pose la stessa domanda. “Tanto sono erbivora nella vita, tanto sono onnivora in fatto di libri.” Mi sono formata con la letteratura russa, inglese, francese e ovviamente italiana. Dai russi Dostoevskij e Tolstoj, agli italiani Svevo e Verga, ai contemporanei Baricco e Mazzantini. Il mio cuore, per una ragione che non so spiegare, batte in modo particolarmente accelerato per Marguerite Duras. Ma non posso dimenticare Jane Austin e le sorelle Bronte, che hanno segnato la mia adolescenza. Adoro spaziare tra generi diversi, sia come autrice sia come lettrice, anche se ho una predilezione per i romanzi storici e di formazione e più in generale per i drammoni spezza anima con personaggi complessi sul piano psicologico. Sto imparando ad apprezzare il genere fantasy, purché gli autori non si spendano troppo a descrivere combattimenti tra popoli o mi intrattengano troppo in scene “allunga brodo”. Purtroppo con i “romance” continuo ad avere un rapporto conflittuale (e credimi sono molto diplomatica, perché fino a poco tempo fa non potevo neanche sentirne parlare). Se non vedo personaggi stereotipati, lessico povero, intreccio banale e scontato e finalino da “prima comunione” certamente mi rimangono meno indigesti. Apprezzo il vocabolario più esteso presente nei dark romance e nel romance d’ambientazione storica (gaffe storiche escluse).
L’ultima domanda: ho chiamato questa nuova rubrica “Autori del Futuro” come incoraggiamento per gli autori emergenti. Come ti vedi come autrice nel tuo futuro? Libera.
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Elisa Averna è nata a Genova nel 1974. Ha conseguito la laurea in Lettere e Filosofia, indirizzo demo-etno-antropologico con la lode, per poi specializzarsi con lode in Conservazione dei Beni Culturali. Si occupa di progettazione museologica.Ha pubblicato libri di saggistica e le seguenti opere di narrativa: 2019 – Prisma – Editore: EdiKit 2020 – Chiodi di Ghiaccio – Editore: Bertoni Editore 2020 – Romanzo d’estate – Editore: Eretica Edizioni 2020 – Pizzi neri e merletti grigi – Editore: Nulla Die Edizioni 2021 – L’Aquila d’Oro. Sulle tracce del Quarto Reich – Editore: Capponi Editore 2021 – H.H. Figlia della strada – Editore: Edizioni Il Ciliegio 2022 – Chiamata dall’inferno – Editore: Dark Abyss Edizioni 2022 – La donna zero – Editore: MondiDiVersi