“Dei nostri ricordi fanno parte il cielo di settembre e l’azzurro cristallino, le onde di sabbia e il vento del mare, gli alberi d’autunno e le farfalle cadenti. Parole non dette e pensieri sospesi. Il tuo sguardo buttato lì, a significare nulla. La piega delle tue labbra mentre dicevi addio.”
Quando ero ragazzina, in certi periodi dell’anno venivano a morire sul mio balcone tantissime farfalle. Io le accudivo in un finto “ospedale” finché non morivano… mi sono sempre chiesta se questa cosa sarà mai capitata a qualcun altro.
Tra le tante pubblicazioni di autori “emergenti” offerte ai lettori ormai ovunque (soprattutto nelle librerie virtuali), attratta dal titolo e dalla tematica (scrivendo spesso anche io di età adolescenziale e di ragazzi accompagnati da un disagio) ho letto “Io sono Goldrake” di Carlo Bramanti e sono rimasta molto colpita. Prima di tutto per la scrittura, scorrevole sì e apparentemente semplice ma tagliente e profonda. La semplice vicenda di Jimmy, un ragazzino introverso che “tende a sognare troppo e a scappare dalle proprie responsabilità”, sottende infatti altri mondi e realtà che vengono a galla man mano dal suo diario.
Jimmy è cresciuto nel mito di Goldrake (il robot del titolo), tanto da provare a costruirsi da solo modellini ispirati appunto a quel personaggio e alle eroiche gesta di Actarus. E proprio questi modellini saranno protagonisti di una lotta reale che il ragazzo dovrà affrontare, non solo contro dei nemici esterni ma anche contro i nemici interiori; in una sorta di “distorsione cognitiva”, Jimmy si rifugia nei suoi sogni per fuggire a una realtà troppo dura per lui. Si tratta in definitiva di una continua lotta tra luce e oscurità, abilmente tratteggiata dall’autore.
Ho trovato molto belle le parole del padre in proposito:
“L’uomo deve liberarsi da ogni schema inculcatogli nel corso degli anni, deve farlo fino a sentire l’innesco dell’anima, i confini che divengono pian piano più labili. Deve far sì che la paura scemi e il tetto dei pensieri torni alla neve, al miracolo di percepire la caduta di ogni singolo fiocco, la foglia ingiallita che vola lontano dall’albero nel quale ha vissuto. Odiare qualcuno e persino il mondo intero serve solo a complicarsi la vita.”
Insomma un inno alla vita e alla bellezza. Un romanzo che coglie l’occasione per riflettere sulla società odierna, sulla guerra, per chiedersi “dov’è l’umanità”?
Riflessioni che portano al messaggio conclusivo, “Per aspera ad astra”, come recita il sottotitolo e come richiamato dalle parole di Jimmy:
“Continuare a piangere non serve a nulla. Devo cercare le mie radici, attingere a piene mani a ciò che rimane del mio spirito, esplorare con le forze rimaste il mistero di spazio e anima, non per giungere a una conclusione ma per sapere che una parte di me può correre persino più veloce della luce; devo trovare nel buio profondo qualche parvenza di stella cui posso ancora aggrapparmi…”
Se siete amanti dei cartoni animati di quegli anni come me, non potrete non apprezzare gli intermezzi di Actarus e Venusia, intelligente escamotage narrativo. Non potrete non provare empatia per Jimmy e una forte e struggente nostalgia. Molto consigliato.
Iokanaan, sei stato l’unico uomo ch’io abbia amato. Tutti gli altri uomini mi nauseano. Ma tu, tu eri bello.
Il tuo corpo era una colonna d’avorio su un piedistallo d’argento. Era un giardino pieno di colombe e di gigli d’argento. Era una torre d’argento ornata di scudi d’avorio. Non c’era nulla al mondo bianco come il tuo corpo.
Non c’era nulla al mondo nero come i tuoi capelli. Nel mondo intero nulla era rosso come la tua bocca. La tua voce era un incensiere che spandeva strani profumi, e quando io ti guardavo udivo una musica strana!
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*Salomè* Oscar Wilde (cit. in Come il giorno e la notte)
Son certo la fissai negli occhi felici e orgogliosi, alla fine compresi Porfiria mi venerava; lo stupore gonfiò il mio cuore, e ancora cresceva mentre riflettevo su come agire. in quell’istante lei era mia, mia, e bella perfettamente pura e buona: capii che cosa fare, e presi tutti i suoi capelli in una lunga bionda treccia l’avvolsi tre volte attorno alla sua esile gola, e la strangolai. Non sentì alcun dolore. Quasi son certo che non avvertì alcun dolore. Come il fiore richiuso che trattiene l’ape, cautamente aprii le sue ciglia: ancora ridevano gli occhi senza una macchia. E poi slegai la treccia dal suo collo; la sua guancia ancora una volta arrossiva brillante al mio ardente bacio: Sollevai la sua testa come prima, solo, che stavolta la mia spalla sopportava il suo capo, pendente su di essa immobile: la sorridente rosea testolina, così felice d’avere il suo più grande piacere, che tutto ciò che disprezzava fuggì presto, ed io, il suo amore, invece avevo fatto mio! L’amore di Porfiria: lei non immaginava come il desiderio del suo caro si sarebbe sentito. E così sediamo insieme adesso, e per tutta la notte non ci siamo mossi, e tuttavia Dio non ha detto una parola!
La mia passione per l’horror e per i redivivi (avendo anche dedicato uno studio ai vampiri) mi ha fatto apprezzare la storia di questo lungo racconto, incentrata sulla vita oltre la morte e non solo. Nella notte di Halloween, considerata la notte in cui il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottiglia, accadono avvenimenti che coinvolgono il protagonista Ben, prima da bambino poi da adulto. L’anziano signor Flanagan, vicino di casa, lo aiuterà da piccolo a liberarsi dai bulli, e in cambio chiederà il suo aiuto 20 anni dopo. Ma per il rituale che lo aiuterà a compiere dovrà pagare un caro prezzo. Quanto siamo disposti a fare per amore? Possiamo sfidare la natura e creare un mostro (come un novello Dr Frankenstein)?
“Ogni azione ha una conseguenza”, dice l’autore.
Citando il signor Flanagan:
“È normale. Ognuno di noi ha dei fantasmi che lo perseguitano. Ma se a lungo andare ti lascerai sopraffare da loro, finirai per diventarne uno tu stesso. Quelle parole avevano tutta l’aria di un’ammissione, come se il signor Flanagan stesse cercando di mettermi in guardia dal compiere i suoi stessi errori.”
L’autore riesce a incuterci paura ed emozionare, con un incipit in prima persona molto efficace – e ci ricorda molto il maestro King in questa tematica. Notevole lo stile (non è facile scrivere horror), i rimandi ai grandi autori, le citazioni letterarie (Whitman) e cinematografiche che da cinefila ho molto apprezzato (in primis Arancia Meccanica).
In definitiva un racconto molto ben riuscito che vi farà ricordare quelle notti passate a leggere Edgar Allan Poe prima di dormire.
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