L’aspetto patologico del vampiro emerge soprattutto nell’elemento determinante della sua non-esistenza: la vampirizzazione. Diversamente da altri mostri – come per esempio Frankenstein – che non creano ma piuttosto vengono creati, Dracula ha la capacità di creare altri esseri, diventando in tal modo ‘padre’.
La vampirizzazione diventa quindi metafora stessa di contagio, nel momento in cui il ‘morbo’ vampirico si propaga da una vittima a un’altra secondo l’istinto della ricerca del sangue. Questa interpretazione diventa significativa ai nostri giorni nel rappresentare la paura di malattie contagiose come l’Aids e il timore del diffondersi del male nella società. È questo in effetti che determina l’enorme potere del vampiro: la sua capacità di ‘invadere’ il nostro mondo frantumandone le certezze, demolendo le barriere e i tabù che imprigionano l’istinto.
Nell’analisi dei personaggi che nel romanzo subiscono il fascino di Dracula, ci rendiamo conto di quanto l’elemento patologico – pur con diverse modalità – assuma dimensioni rilevanti. Le vampirizzazioni attuate da Dracula hanno infatti dato lo stimolo a diverse interpretazioni: se da una parte l’interesse mostrato dal conte per il protagonista maschile Jonathan Harker ha portato alla formulazione di tesi omoerotiche – basate soprattutto sull’influenza che dovette avere su Stoker il processo ad Oscar Wilde – da un’altra la preferenza manifestata verso le donne sembrerebbe condurre su un versante eterosessuale del vampiro; d’altronde l’atteggiamento dello scrittore verso le sue protagoniste femminili è talmente ambiguo da supportare contemporaneamente ipotesi riconducibili alla scuola di pensiero femminista o ad una visione tipicamente maschilista. La sessualità diventa in ogni caso elemento fondamentale nella dimensione patologica dei protagonisti. Questo ha dato adito a molte interpretazioni di tipo psicoanalitico, soprattutto freudiane, sulla simbologia della vampirizzazione.
*Immagine: Intervista col Vampiro (Neil Jordan)
(testo di Francesca Enrew Erriu)