Quando si finisce questo romanzo (ma forse anche prima) si capisce di aver letto un libro importante. Un libro anche coraggioso, perché racconta una storia poco conosciuta ai più (me compresa): l’esistenza del movimento dei Provos in Olanda negli anni sessanta, un gruppo di giovani non violenti e tendenzialmente anarchici.
L’autore, che avrebbe potuto semplicemente (o banalmente) parlarci dei Provos nel contesto degli anni sessanta, crea invece una storia che ci fa conoscere quel movimento culturale e provocatorio attraverso gli occhi di alcuni ragazzi degli anni ottanta. Il contrasto è quindi inizialmente esplicito: l’epoca del consumismo versus l’impegno politico-sociale e la ribellione al sistema non fine a se stessa.
Il gruppo di protagonisti, studenti dell’istituto Lagrange di Milano, diviso tra secchioni e inclini al “cazzeggio”, tra paninari e non, si ritroverà quindi catapultato in una avvincente avventura nata dal legame col passato del professore più ribelle e anticonvenzionale che si possa avere. La svolta giunge appunto con il suo arrivo: il professor Floris, docente di matematica, aprirà un mondo nuovo agli occhi dai ragazzi, tanto che scopriranno che la ‘Milano da bere’ non è più il loro posto. Inventano quindi personaggi e slogan, compiendo inizialmente bravate goliardiche – parte molto divertente del romanzo.
C’era il rischio di cadere nel cliché, nel descrivere una società e un gruppo di ragazzi come tanti, un professore ribelle che apre loro gli occhi. Ma l’autore riesce a mettere il suo tratto originale nella storia, a non rendere noiose le parti dove si dilunga di più, con uno stile coerente e ritmo.
Un libro che sembra quasi diviso in due parti distinte, che dalla metà in poi assume toni ben diversi da quelli leggeri iniziali portando il giovane protagonista ad esperienze certamente inattese e forti nel suo cammino.
Dai toni leggeri iniziali, la storia vira verso mondi e filosofie un po’ distanti da quelle dei giovani protagonisti. Il personaggio Max, apparentemente ignavo, diviso tra destra e sinistra, paninari e rasta, che fatica a trovare una collocazione, arriverà poi a una sua identità ideologica?
C’era il rischio di confondere o disperdere, con molti personaggi e situazioni, ma l’autore ha rischiato e ha fatto bene, perché tutto è funzionale alla storia. La storia parallela del passato diventa addirittura un secondo plot a sé stante, per riunirsi poi come un cerchio nel finale. Il protagonista Max è al centro, tra il mondo dentro e il mondo fuori, il prima e il dopo.
Richiama per me altre storie di crescita e passaggio all’età adulta, come i protagonisti di “I ragazzi della 56ma strada”, la cui storia è caratterizzata dalla profonda amicizia maschile. C’è la ribellione, c’è la voglia di cambiare il mondo, c’è l’alleanza, la disperazione, e infine l’amore. Con uno scambio di lettere verso il finale molto significativo.
Il tutto permeato da citazioni musicali molto gustose che evocano nostalgia (certamente per chi ha vissuto in pieno gli anni 80 come me) e da un grande amore per gli U2, tanto da ispirarsi ai loro fantastici primi album: Boy – October – War – The unforgettable fire – The Joshua Tree.
W i Provos!
(F.E.)