RIVOGLIO I MATIA, CON ANTONELLA RUGGIERO
di DARIO ZIZZO (Ed. Montag)
Non siamo più abituati alle lettere, al limite usiamo le mail o il più delle volte messaggi più o meno brevi. Questo romanzo è una lunga lettera, e questa scelta ci porta un po’ indietro nel tempo, in un’atmosfera che sembra non esserci più, a ciò che eravamo. Anche l’insolito nome del protagonista, Agilulfo, in un certo senso ci trasporta in un tempo diverso dal nostro. Eppure non si parla di tempi antichi, si parla degli anni ottanta, che molti di noi hanno felicemente vissuto e ricordano, ma che per i giovani sono davvero molto lontani. Ma attenzione, non si tratta solo di un amarcord per nostalgici; sebbene la nostalgia sia dietro l’angolo – con le canzoni, le trasmissioni del tempo, gli eventi collettivi (come la storia di Alfredino Rampi) – ecco che il lungo flusso di coscienza di Agilulfo, scrittore egli stesso, vuole dirci anche altro: vuole farsi portavoce dell’autore che “approfitta” di lui per esprimere le sue opinioni su tanti aspetti dell’esistenza. E allora trovano spazio la vita, la morte, l’amore, la pazzia. Ed è un mondo ricco di aggettivi. Tra ricordi di scuola e personaggi davvero coinvolgenti, momenti esilaranti di fantozziana memoria.
Non mancano le invettive contro gli idoli della società moderna, le critiche alla politica e ad alcuni ambienti: “Ogni volta che ti vogliono rifilare una fregatura, dicono che è la democrazia”. Critiche in cui mi sono molto riconosciuta. I contrasti abbondano: la libertà e la schiavitù dell’individuo, che crede di essere libero possedendo tutto per poi vivere secondo ciò che il consumismo impone. Come nella lunga scena del ferragosto – “Signore, liberaci dai riti dell’estate” (parole sante).
Molto efficaci le descrizioni del popolo che si muove in massa, situazioni molto dettagliate, i personaggi molto pirandelliani si alternano piacevolmente, da parenti solitari a prostitute quasi uscite dalla canzoni di De André. A un certo punto avrete la sensazione che non succeda niente, vi chiederete dove si vuole andare a parare, vi smarrirete, ma arriverete comunque alla fine, perché il colpo di scena c’è, e non è quello che vi aspettereste.
Sarebbero troppi i passaggi che mi piacerebbe citare, ma scelgo questo stralcio sugli anni ottanta:
“Se dovessi definire quegli anni, gli Ottanta, direi che furono anni colorati come il cubo di Rubik, come Boy George, come gli Swatch, psichedelici, di luci psichedeliche, furono una selva di flash sparati contro gli occhi, forse delle monete d’oro false brave a trarci in inganno (…)”
Per finire, se cercate una struttura secondo i modelli più diffusi di narrativa, se vi piacciono i turning point e cercate un villain, preparatevi a un altro tipo di avventura perché tutto questo non c’è (forse). Preparatevi a godere della scrittura di questa opera prima, perché è davvero fluida, accattivante, e l’autore rende tutto reale. Magari quando finirete, cercherete quella lettera scritta e mai spedita, come ho fatto io.
Consigliato!

Grazie per questa recensione così intelligente, perché poi, alla fine della fiera, un’opera esiste solo attraverso gli occhi di chi sa leggerla.
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Grazie per questa recensione dietro cui c’è tatto, occhio, una grande capacità di collegarsi con il testo, e toccare e vedere con grande sensibilità.
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