Quando arrivano parole così toccanti sai che magari non venderai migliaia di copie ma di certo arriverai al cuore di qualcuno

La fuga di Vincenzo dalla casa famiglia diventa occasione per l’incontro con Tomas, una sua vecchia conoscenza. Siamo negli anni Ottanta, Vin e Tom sono due personalità opposte, tanto ombroso e instabile il primo quanto orgoglioso e ribelle il secondo, ma si ritrovano a vivere insieme l’inseguimento dei loro sogni. In una vita spericolata e troppo spesso segnata dall’illusione della droga.
Se parlassimo della cronaca di una partita di calcio, potremmo dire che Come il giorno e la notte è un match che concede poco o nulla allo spettacolo. Francesca Enrew (Francesca Erriu di Tucci) punta dritta al risultato, che è quello di catapultarci dentro un mondo che corre a velocità tripla, fregandosene di finte, passi doppi, colpi di tacco e rabone. Trama che, con le sue sequenze taglienti, entra in tackle scivolato sulla sensibilità del lettore. Con i protagonisti alla ricerca di un centro di gravità permanente, per sempre smarrito nelle pieghe di violenze infantili o di disturbi psichici mai risolti.
Niente effetti speciali. Il che non significa che lo stile o la definizione dei personaggi passino inosservati. Il realismo delle scene, un lessico e una sintassi che procedono per sottrazioni successive, descrivono bene la spinta centrifuga dei due ragazzi, che corrono dietro all’onda emotiva del momento, fra uno sballo e l’altro, in un’anonima stanza d’albergo o nei lividi di un vigliacco pestaggio. Quando ancora le autoradio si estraevano dal vano delle automobili e il nastro delle cassette doveva essere riavvolto con una Bic.
Il finale è sorprendente e non può non catturarci tutti quanti. Forse ci riconduce alla speranza di una vera pace, dopo tanto peregrinare. Ma il giudizio rimane aperto perché uno dei pregi che ha questo libro è di non proporre soluzioni preconfezionate o giudizi che dividono i buoni dai cattivi. C’è tanta malinconia, e quasi l’auspicio, che Vin e Tom possano un giorno incontrarsi ancora.
(Grazie a Christian Floris collega di penna)
