Non tutti sanno o si ricordano che il film 2001 Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick è stato tratto da un soggetto poi sviluppato in romanzo dallo sceneggiatore Arthur Clarke. Forse perché per deformazione sono sempre dalla parte degli scrittori, ho voluto approfondire questo discorso. Il romanzo fu pubblicato dopo ma in realtà sviluppato contemporaneamente al film. A tal proposito l’autore disse:
“Troverete la mia interpretazione nel romanzo; non è necessariamente quella di Kubrick. Né la sua è necessariamente quella ‘giusta’ – qualsiasi cosa voglia dire”.
Aprire un capitolo sulle interpretazioni di un film così complesso sarebbe come aprire una porta sull’infinito, e lo stesso Kubrick non diede mai una spiegazione unica e precisa, proprio volendo lasciare aperte le interpretazioni filosofiche e scientifiche che non tardarono a manifestarsi. Quando un regista è un genio ovviamente può permettersi anche questo.
Ma è interessante vedere che il romanzo di Clarke identifica chiaramente il monolite come un oggetto creato da una razza aliena che è passata attraverso molti anni di evoluzione, partendo dalle forme organiche, attraverso le biomeccaniche e infine ha raggiunto uno stato di pura energia. Questi alieni attraversano il cosmo aiutando le specie minori nel compiere i passi dell’evoluzione. Il romanzo spiega la sequenza della stanza d’albergo come una specie di zoo alieno — fabbricato dalle informazioni derivate dalle trasmissioni televisive intercettate dalla Terra — nelle quali Dave Bowman viene studiato dalle entità aliene invisibili. Il film di Kubrick lascia tutto ciò inespresso.
E’ comunque chiaro che dietro la definizione di “fantascienza” c’è ben altro, sicuramente una storia molto allegorica e forse…religiosa? Come non pensare a Dio nelle scene con il monolite? Una divinità trascendente che diventa immanente, un oggetto da venerare e adorare fino a quando non lo si vuole persino distruggere, e che arriva nel momento della morte del protagonista a decretare il nuovo inizio, il ciclo che ricomincia da zero, nuova nascita e morte nello stesso momento. In una intervista il regista disse:
“Sul livello psicologico più profondo la trama del film simboleggia la ricerca di Dio e alla fine postula ciò che è poco meno di una definizione scientifica di Dio […] Il film ruota attorno a questa concezione metafisica e gli strumenti realistici e i sentimenti documentari riguardo al tutto furono necessari per indebolire la tua innata resistenza al concetto poetico”
Il monolite appare quattro volte in 2001: nella savana africana, sulla luna, nello spazio mentre orbita attorno a Giove e vicino al letto di Bowman prima della sua trasformazione. Dopo il primo incontro con il monolite, vediamo che il leader delle scimmie ha un veloce flashback al monolite dopo il quale prende un osso e lo usa per romperne altri. Il suo uso come arma permette alla sua tribù di sconfiggere l’altra tribù di scimmie, la quale occupa la pozza d’acqua, che non ha imparato come usare le ossa come armi. Dopo la sua vittoria, il leader della scimmie lancia il suo osso nell’aria, dopodiché la scena passa ad un’arma orbitante quattro milioni di anni dopo, insinuando che la scoperta dell’osso come arma ha inaugurato l’evoluzione umana, perciò la molto più avanzata arma orbitante quattro milioni di anni più tardi.
Il salto quantico avviene nel corso delle varie fasi del film: dalla scimmia all’uomo, dall’uomo alla macchina – l’intelligenza artificiale Hal – poi alla nascita del “bambino stellare”.
Dove ci porterà questo, verrebbe da chiedersi. Il potere della Visione tuttora porta l’umanità ad ambire a rendere visibile ciò che non lo è. Luoghi di culto dove si procede in fila per vedere la Madonna o altri santi, aperture e attivazioni di un “terzo occhio” ritenuto quello della visione, per poi invece restringere il nostro campo visivo ad un apparecchio televisivo o uno schermo di computer. Qual è la vera visione? Siamo soltanto spettatori?
(fonte: Web)