Un intero capitolo in “Dracula” di Stoker è dedicato alla particolareggiata descrizione di un avvenimento fondamentale nello svolgimento dell’azione, avvenimento che sconvolge la tranquillità della cittadina di Whitby: si tratta del naufragio della nave che, dopo aver superato una terribile tempesta approda al porto della suddetta località suscitando negli abitanti profondo sconcerto; sulla nave infatti sono tutti morti, compreso il timoniere il cui corpo viene trovato con le mani legate al timone. Solo un grosso cane sbarca dalla goletta, ma in quel momento nessuno può immaginare che si tratti di Dracula in persona, giunto in Inghilterra per prendere possesso delle case acquistate a Londra. Ma non prima di aver placato la sua sete.
Nella descrizione della furiosa tempesta, Stoker ha voluto avvicinarsi il più possibile ad una narrazione di tipo cronachistico, dando infatti voce al Corrispondente del ‘Dayligraph’ e al Capitano stesso della nave per quanto riguarda i tragici eventi intercorsi a bordo durante il viaggio maledetto. E’ proprio il Corrispondente, descrivendo la calma irreale che ha preceduto l’improvvisa burrasca, a riferirsi alla nave che rollava in mezzo al mare con l’espressione “as idle as a painted ship upon a painted ocean”, riportata tra virgolette come per riconoscerne l’altrui paternità. L’accostamento all’opera di Coleridge non è affatto casuale. Come non pensare infatti al Vecchio Marinaio solo in mezzo all’oceano, in balia dei suoi pensieri di morte, delle sue paure, dei suoi sensi di colpa? In mezzo ai compagni di sventura, morti- non morti, che lo accusano con il solo sguardo, consapevole di uno “Spirit that plagued us so”, quando il vascello misterioso si avvicina, egli capisce che il suo destino è segnato: non avrà la benedizione della morte con la quale porre fine al suo tormento, ma la maledizione della ‘Life-in-Death’, una Vita in Morte che significa eterna sofferenza ed espiazione.
Alla stessa stregua del Vampiro, costretto a vivere per sempre secondo certi riti a cui non può sottrarsi, il Marinaio sarà costretto a raccontare per sempre la sua storia sotto un impulso irrefrenabile, cambiando la vita di chi lo ascolta così come Dracula cambia la vita di colui che designa suo proselito. Chi incontra il Marinaio non potrà fare a meno, come spellbound, di ascoltare la sua incredibile storia; chi incontra Dracula non potrà fare a meno, sotto stato ipnotico o trance, di obbedire ai suoi voleri. Sia nella ballata che nel romanzo, è presente “il motivo della forza ammaliatrice e distruttrice dello sguardo”.
Il Marinaio vive quindi una non-vita. E alla luce di questo appare sempre meno casuale il gesto che egli compie a un certo punto quando, preso dalla disperazione, impedito persino di parlare tanto la gola è riarsa dalle ore passate sotto il sole, per inumidirsi le labbra egli si morde il braccio fino a sanguinare e succhia il proprio sangue: “I bit my arm, I sucked the blood”, un atto che lo condannerà all’immortalità.
Non risulta casuale il fatto che anche in un altro grande romanzo che ha per protagonista un mostro la cui figura è molto assimilabile al personaggio di Dracula, Frankenstein, si trovino diverse allusioni all’opera di Coleridge. Tra i vari passaggi che riportano alla mente il Vecchio Marinaio, la Miller riferisce quello in cui Walton scrive alla sorella: “I am going to unexplored regions, to the ‘land of mist and snow’, but I shall kill no albatross, therefore do not be alarmed for my safety, or I should come back to you as worn and woeful as the Ancient Mariner”.
Nella località dello Yorkshire inoltre, durante le tre settimane di permanenza lo scrittore non solo ebbe modo di consultare importanti testi nella fornita biblioteca, ma prese anche nota di alcune conversazioni con pescatori e guardacoste del luogo che gli raccontarono di diversi naufragi tra cui quello del veliero russo Dimetry nel 1885. Certamente Stoker doveva essere a conoscenza delle superstizioni dei marinai e di alcune leggende a proposito di fantasmi marini, di cui avrebbe letto in alcune delle sue fonti come Legends and Superstitions of the Sea and of Sailors (1885) di Fletcher S.Bassett e Credulities Past and Present (1880) di William Jones. Molto importante nella stesura di Dracula fu, secondo Leatherdale, la leggenda del vascello fantasma, che faceva a sua volta riferimento all’Ebreo Errante e all’Olandese Volante, entrambi miti che condividono con Dracula la dannazione eterna in seguito ad un patto diabolico. Secondo la credenza normanna, la nave fantasma con il suo dannato equipaggio continuerà ad apparire in mare se le preghiere per le anime dei morti non saranno sufficienti; allora una terribile tempesta si scatenerà e la nave guidata dai fulmini giungerà al porto dove la folla adunatasi riconoscerà tra l’equipaggio le figure di coloro che credeva annegati. Qualcuno riconoscerà il padre o il marito, ma nessuna risposta giungerà dal vascello, “not one cry from the crew, although the figures might be seen; not a lip moved, nor was any sign of recognition heard”. Allo scoccare della mezzanotte il vascello, avvolto dalla nebbia, sparirà così come era apparso.
Sempre nel testo di William Jones viene narrata un’altra leggenda che sembra anticipare a tutti gli effetti la dannazione del Vecchio Marinaio: è la leggenda di un certo Herr von Falkenbeg, condannato a vagare nell’oceano a bordo di una nave senza timoniere fino al giorno del giudizio e a giocarsi a dadi la sua anima con il diavolo. Allo stesso modo ‘Death’ e ‘Life-in-Death’, a bordo del vascello fantasma, si giocano a dadi l’anima del marinaio di Coleridge.
La figura del Vecchio Marinaio aleggia per tutta la parte del romanzo ambientata a Whitby, tranquilla cittadina di pescatori e gente di mare dove Mina passa un periodo di soggiorno ospitata dall’amica Lucy. Mina, d’animo sensibile e profondo, passa molte sere al cimitero sulla collina, da cui può ammirare il mare e il paesaggio malinconico; è qui che intrattiene in diverse occasioni delle conversazioni con alcuni vecchi marinai, appunto, tra cui Mr Swales. Il vecchio – quasi centenario – racconta storie di marinai e pescatori morti annegati le cui tombe nel cimitero di Whitby, a suo parere, non solo non avrebbero senso ma sarebbero anche piene di bugie, dato che i corpi degli sfortunati non sono mai stati recuperati, ma stanno ancora sott’acqua. Il fondo del mare come luogo infernale in cui sono depositati ricordi di naufragi e di morti: già in Shakespeare il naufragio assume una valenza simbolica e le ossa nel fondo marino risvegliano paure inconsce, come accade al duca di Clarence in Riccardo III quando sogna di viaggiare su una nave col fratello, che a un tratto cade in acqua trascinando anche lui:
“Mi sembrava d’annegare; che tremendo strepito d’acqua nelle orecchie! Che terribili visioni di morte negli occhi! Mi pareva di vedere migliaia di paurosi resti di naufragi, migliaia d’uomini divorati dai pesci (…) E poi gioielli favolosi sparsi sul fondo del mare (…) sembravano schernire le ossa dei morti disseminate intorno”.
Per Mr Swales le iscrizioni sulle tombe sono solo bugie e le storie di fantasmi solo superstizione. Ma non a caso sarà proprio lui a presagire l’arrivo della tempesta, l’avvicinarsi del soprannaturale, di qualcosa di apocalittico che distruggerà tutto; ma soprattutto percepirà l’approssimarsi della morte. Lui, l’uomo scettico ed esperto del mondo, dovrà riconoscere il potere di una presenza soprannaturale e dovrà arrendersi di fronte ad essa. Allo stesso modo in cui il Vecchio Marinaio di Coleridge, scettico e diffidente, non esiterà in un primo momento ad eliminare brutalmente un emblema di purezza spirituale, per dover poi in seguito riconoscere il soprannaturale che lo circonda e chinarsi ad esso, fino a benedire le creature marine che si muovono nell’acqua, simbolo ora della sua purificazione.
(tratto dallo studio “The road through death” Il vampiro: i simboli e la patologia in Dracula di Bram Stoker, di Francesca Erriu)