(sul romanzo Dracula di Stoker)
Il tema della morte legato all’acqua ricorre nel romanzo soprattutto nelle parole con cui Lucy Westenra, prima reale vittima di Dracula, descrive le sensazioni vissute dopo gli attacchi del vampiro. Nel diario in cui riporta il resoconto delle sue notti insonni, la giovane amica di Mina, ormai prossima alla fine, si paragona ad “Ophelia in the play, with ‘virgin crants and maiden strewments’”[1], riportandoci alla mente un’altra giovane che, confusa dalla follia dell’amato Amleto, precipitata anch’ella nel baratro della pazzia, si lascerà cadere nel fiume ed annegare, giacendo sull’acqua “like a creature native and indued unto that element”[2], come una creatura che facesse parte di quell’elemento. Non a caso le parole riportate da Stoker nel diario di Lucy sono quelle pronunciate dal Prete al funerale di Ophelia (atto V, sc.I) in riferimento al fatto che, essendosi la giovane procurata la morte, non è consentito celebrare per lei il solito rituale. Per la sua anima non c’è dunque salvezza, così come non ce n’è per quella di Lucy dopo questa ‘prima’ morte che determina il suo passaggio a vampira, non alla morte vera e propria che le verrà invece assicurata solo dopo l’intervento degli uomini che l’hanno amata.
In altri punti ancora Lucy riferisce sensazioni molto vicine a quelle dell’annegamento, sempre in relazione alle sue esperienze di sonnambulismo durante le quali verrà attaccata da Dracula. Dopo la terribile notte di tempesta che la giovane, sensibile agli eventi naturali, passerà insonne, ella racconta all’amica di essersi sentita come “sinking into deep green water, and there was a singing in my ears as I have heard there is to drowning men”[3]. La sensazione dell’affondare, dell’ essere immersi nell’acqua sino a perdere coscienza di se stessi e del mondo, è pertanto molto vicina a quella del sonnambulismo: un fluttuare in uno stato di semincoscienza o di trance, un galleggiare in una dimensione onirico-surreale in cui non ci si rende conto se si sogna o meno, se noi stessi viviamo quelle emozioni o un altro da noi. Riferendosi a quella stessa notte, Lucy racconta anche di aver percepito la propria anima uscire dal corpo e “float about the air”[4], come uno sdoppiamento di personalità con la propria anima sospesa e indipendente da noi. Anche il Vecchio Marinaio della ballata di Coleridge, vedendo incredulo alzarsi dai corpi dei compagni le loro anime per poi agire come dotate di vita propria, non saprà più se è vivo o morto.
Più tardi, quando Lucy si sentirà meglio grazie alle trasfusioni di sangue, descriverà quella sensazione di sollievo come “the rising back to life as a diver coming up through a great press of water”[5], il riemergere quindi dallo stato di semincoscienza, in cui si vive qualcosa con la consapevolezza di dover restare e di voler andare, provando paura e attrazione insieme. Questa la sensazione che riesce a provocare il vampiro sulle vittime; esse non riusciranno più a fare a meno di sentirsi legate, spellbound, non tanto a lui come persona, quanto a questa percezione di stordimento misto ad un immenso, sconosciuto piacere.
Come osserva Punter, “ogni volta che Dracula colpisce diventa più difficile per la sua vittima ritornare alla normalità”[6].
[1] B.Stoker, 1994, p.161
[2] W.Shakespeare, Amleto, BUR, 1993, p.238 (Atto IV, sc. VII)
[3] Stoker, 1994, p.121. Per l’analisi dell’avventura notturna di Lucy si veda anche il paragrafo sul personaggio nel capitolo Le Creature di Dracula.
[4] Stoker, 1994, p.121
[5] Stoker, 1994, p.164
[6] David Punter, Storia della letteratura del terrore, Roma, Editori Riuniti,1997, p.234
(Testo di Francesca Enrew Erriu
Studio “The road through death”)
*Painting.Drowning woman)